Da un punto di vista nutrizionale i pesci sono ottimi alimenti e contengono tutti e otto gli aminoacidi essenziali che il nostro organismo non è in grado di fabbricare da solo. Chi ha problemi di iperuricemia deve invece evitare crostacei e molluschi. Quello “povero” è abbondante, costa poco ed è molto ricco di omega-3 e vitamina PP
di LUCA REVELLI *
Nel 2050 potremmo essere in 9 miliardi ad affollare il nostro piccolo pianeta blu, il colore dell’acqua che ricopre la Terra per più del 70%. Un’immensa massa, fonte di risorse future, anche alimentari e terapeutiche. La prima risorsa è l’acqua per bere, anche se deve essere adeguatamente trattata, prima di diventare potabile. La seconda è il sale, elemento essenziale per la vita, tanto che il cloruro di sodio è diventato “il sale” per antonomasia. Conosciuto ed estratto dal mare dall’alba dei tempi serve per insaporire e conservare gli alimenti (ostacola la vita organica). Se è iodato è ancora meglio perché fornisce “benzina” alla tiroide per la produzione dei suoi ormoni così importanti per la regolazione del metabolismo, per l’accrescimento dei bambini e per le donne in gravidanza.
Ma il vero scrigno dello iodio sono pesci e crostacei: è questo il motivo per cui i vegetariani “stretti” possono rischiare di sviluppare un gozzo (tiroide che aumenta di dimensioni per scarso apporto di iodio). In fondo al mare ci sono soprattutto le proteine dei pesci (dalle castagnole allo squalo balena), dei crostacei (dai granchi alle granseole), dei molluschi (dalle vongole ai polpi) fino a quelle di molte specie di alghe commestibili. Dal punto di vista nutrizionale il pesce è un buon alimento: la percentuale di proteine varia tra il 15 e il 25%, ha modesta quantità di lipidi, una minima percentuale di glucidi. Il resto è acqua.
Le proteine dei pesci contengono tutti e otto gli aminoacidi essenziali (quelli che il nostro organismo non è in grado di fabbricare da solo) indispensabili per la rigenerazione delle cellule, per la produzione di ormoni e per regolare il metabolismo. Secondo il diverso contenuto di lipidi, i pesci si distinguono in magri se hanno un contenuto inferiore al 3% (sogliola, orata e merluzzo), semigrassi dal 3 all’8% (dentice, salmone, tonno e triglia), grassi sopra l’8% (sgombro e sardina).
Discreta anche la presenza di vitamine (soprattutto A, B1, B2 e B12). Le sostanze minerali variano tra le specie: oltre allo iodio abbondano calcio (utile nella prevenzione di malattie delle ossa come l’osteoporosi), selenio e fluoro. E il fosforo, considerato elemento strategico per i giovani studenti che devono imparare le poesie? Quella del pesce che migliora la memoria è una fama un po’ usurpata, magari sbandierata da qualche nonna per far mangiare i nipotini. Come lo è quella dell’olio di fegato di merluzzo che, per le elevate quantità di vitamina A e D, veniva usato fino ai primi anni del Novecento come antirachitico e ricostituente.
Una storia assolutamente vera e attuale è, invece, quella del pesce azzurro. Un pesce povero, quello che in genere resta nella paranza: è tanto, costa poco e ha un grande valore nutrizionale. La sardina, l’alice (acciuga), lo sgombro, l’aguglia, il suro (sugarello) e tanti altri piccoli pesci dalla schiena azzurro-verde e dalla pancia argentata, contengono, oltre a buone quantità di vitamina PP (che migliora il profilo lipidico), i famosi acidi grassi polinsaturi (gli omega-3), come una medicina.
Autorevoli ricerche italiane e americane hanno dimostrato come chi segua una dieta contenente omega-3 presenti una significativa riduzione di malattie cardiovascolari (infarto del miocardio, ischemia cerebrale, morte improvvisa) rispetto al resto della popolazione. Queste sostanze (in particolare un polinsaturo chiamato con l’acronimo EPA) avrebbero un ruolo importante nella prevenzione delle malattie vascolari degenerative essendo precursori di alcune prostaglandine, potenti inibitori dell’aggregazione piastrinica, uno dei meccanismi che sta alla base del processo di aterogenesi.
Molluschi e crostacei hanno una composizione simile a quella dei pesci magri. I molluschi (ad eccezione del calamaro) e i crostacei (tranne i gamberetti) contengono anche basse quantità di colesterolo. Attenzione solo all’acido urico: crostacei e frutti di mare contengono molte purine che devono essere evitate da chi è predisposto all’iperuricemia (nei casi gravi si arriva alla gotta). Mangiare “di mare” almeno un paio di volte a settimana – dunque – è salutare e previene le malattie del cuore e dei vasi.
* Università Cattolica Roma, direttore scientifico Progetto Abissi